
Come è avvenuta la creazione di uno dei loghi più iconici della cultura pop
Immaginate la scena: Barcellona, 1969. Salvador Dalí, già leggenda vivente dell’arte surrealista, seduto al tavolo di un bar con Enric Bernat, imprenditore catalano e fondatore di Chupa Chups. Davanti a loro, una semplice richiesta che cambierà per sempre il volto di uno dei brand più riconoscibili al mondo.
“Voglio che i bambini riconoscano immediatamente i miei lecca-lecca“, disse Bernat al maestro dei baffi all’insù. E Dalí, con quella genialità visionaria che lo contraddistingueva, accettò la sfida trasformando un semplice dolcetto sferico in un’icona universale.
Il maestro degli orologi molli si reinventa
Per capire la portata di questa collaborazione, bisogna prima comprendere chi fosse Salvador Dalí nel 1969. Non parliamo solo di un pittore, ma del simbolo vivente del Surrealismo: l’artista che aveva stravolto la percezione della realtà con i suoi orologi molli, le sue formiche ossessive e i suoi paesaggi onirici.
Dalí aveva già dimostrato di saper uscire dai confini tradizionali dell’arte. Aveva collaborato con Disney per il cortometraggio “Destino”, aveva disegnato gioielli, creato profumi e persino progettato il padiglione del “Dream of Venus” per l’Esposizione Universale di New York nel 1939.
Per lui, l’arte era ovunque potesse arrivare l’immaginazione.
Il surrealismo daliniano si basava sul “metodo paranoico- critico“: la capacità di vedere connessioni inaspettate, di trasformare l’ordinario in straordinario attraverso visioni che sfidavano la logica. Esattamente quello che serviva per trasformare una semplice caramella su stecco in un brand immortale.
Quando l’arte incontra il commercio
La storia del logo Chupa Chups nasce da un’intuizione rivoluzionaria: posizionare il marchio sulla parte superiore del lecca-lecca, e non sul bastoncino come facevano tutti, in modo che potesse sempre essere visto per intero.
Dalí comprese immediatamente la potenza di questa idea. In un’ora (sì, avete letto bene, una sola ora) il maestro creò quello che sarebbe diventato uno dei loghi più longevi e riconoscibili della storia del design commerciale.
Una margherita gialla con i contorni rossi stilizzata e al centro la scritta CHUPA Chups. Un design che racchiudeva tutta l’essenza pop e giocosa del prodotto, ma con quella sofisticazione estetica che solo un genio come Dalí poteva conferire.
Il segreto di un successo senza tempo
Cosa rende questo logo così speciale?
La risposta sta nella capacità di Dalí di coniugare arte e funzionalità. Il maestro non si limitò a creare un semplice marchio: realizzò un’esperienza visiva totale che sintetizzava un mix di simboli legati al contesto culturale degli anni ’70: i figli dei fiori, l’allegria, la voglia di cambiamento e l’esaltazione della giovinezza.
I colori, con un richiamo alla bandiera spagnola, catturano immediatamente l’attenzione, mentre la tipografia giocosa comunica divertimento e spensieratezza.
Ma c’è di più. Dalí intuì che il logo doveva funzionare a 360 gradi, letteralmente.
Doveva essere perfetto visto da ogni angolazione, perché i bambini avrebbero ruotato continuamente il lecca-lecca. Un dettaglio che dimostra quanto il maestro catalano avesse compreso profondamente la natura del prodotto e del suo pubblico.

L’eredità di un connubio perfetto
Oggi, a più di cinquant’anni dalla sua creazione, il logo di Chupa Chups continua a essere praticamente quasi invariato. Ha attraversato generazioni, mode e tendenze grafiche rimanendo sempre attuale. Un record assoluto nel mondo del branding, dove i restyling sono all’ordine del giorno.
Questo successo non è casuale. Dalí aveva capito che stava creando qualcosa di più di un semplice logo: stava disegnando un pezzo di cultura pop destinato a diventare immortale.
La sua firma è il sigillo di questa consapevolezza artistica.
Quando la genialità non ha confini
La collaborazione tra Dalí e Chupa Chups ci insegna qualcosa di fondamentale: la creatività non conosce limiti né settori. Un artista visionario può portare la sua genialità ovunque, trasformando anche il più commerciale dei progetti in un’opera d’arte.
Il maestro del Surrealismo non vide mai questa collaborazione come un “ripiego” rispetto alla sua arte. Al contrario, la abbracciò con l’entusiasmo di chi sa di poter lasciare un segno indelebile nella vita quotidiana di milioni di persone.
E così, ogni volta che un bambino (o un adulto nostalgico) scarta un Chupa Chups, tocca inconsapevolmente un pezzo di storia dell’arte e del design. Perché dietro quel semplice lecca-lecca c’è la mano di uno dei più grandi geni creativi del Novecento.
Una lezione per tutti noi comunicatori: l’arte non sta solo nei musei. Sta ovunque ci sia la capacità di emozionare, sorprendere e rimanere impressi nella memoria. Proprio come sapeva fare Salvador Dalí, anche con un semplice pezzo di zucchero al sapore di fragola.
Nella prossima puntata della nostra rubrica scopriremo un’altra storia sorprendente di quando l’arte ha incontrato la comunicazione, regalandoci perle di creatività che continuano a brillare.